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Anniversari importanti per quattro celebrità Volvo

 

 

Il 2004 è un anno di celebrazioni per Volvo Car Corporation. Due modelli compiono i 60 anni d’età, uno i 50 e il quarto ne compie 30, tutti decenni passati a circolare sulle strade del mondo!
I quattro modelli sono le prime due auto Volvo del dopoguerra, la PV60 e la PV444, la sportiva in plastica, la Volvo Sport e, infine, il simbolo Volvo degli anni 70 e 80, la celebre 240.

 

I modelli che portano sigle analoghe e celebrano assieme importanti anniversari, raramente hanno un aspetto così divergente come nel caso della pesante e tradizionale PV60, dell’agile e futuristica PV444, della decappottabile biposto Sport realizzata con un materiale americano allora nuovo, la plastica e, infine, dell’auto che per quasi un ventennio è stata la best-seller di Volvo, la serie 240.
A quattro modelli vanno i nostri più affettuosi auguri e, con l’occasione, vogliamo ricordarne i tratti significativi.

 

1944 – buone notizie in tempi difficili
Il 1 Settembre 1944, di venerdì, fu inaugurata un’ampia esposizione di modelli Volvo nella Royal Lawn Tennis Hall di Stoccolma. La seconda guerra mondiale stava ancora infuriando e l’esibizione cadeva ovviamente in un momento di grande incertezza. Al tempo stesso, però, serviva ad emanare un senso di speranza e di fiducia per il futuro. Nell’occasione furono presentate due vetture completamente nuove. La prima era stata impazientemente attesa in Svezia, una nazione appassionata di motoristica, mentre la seconda, nonostante fosse quasi una sorpresa, era ancora in linea con lo stile dei modelli precedenti Volvo.

 

Negli anni 30, la produzione Volvo si era concentrata esclusivamente sui modelli a sei cilindri. La maggior parte delle serie prodotte aveva la sigla TR, un’abbreviazione della parola “taxi”, perché Volvo si era fatta una solida reputazione fra i tassisti svedesi. A quell’epoca i taxi erano auto molto ampie, con capacità di sette o di otto passeggeri. Un paio di questi modelli, le PV53 e le PV56 dalle linee moderatamente filanti, furono costruiti durante la guerra.

 

PV60 – Un’americana in Svezia
Nel 1938 e 1939, i progettisti Volvo avevano lavorato a un’auto che fosse, per dimensioni, una via di mezzo fra le serie di taxi PV53/56 e la PV800. Nell’agosto 1939, questo progetto si era spinto talmente avanti che fu deciso il nome della nuova vettura, battezzata PV60, da realizzare in versione due porte e quattro porte con inizio produzione il 5 febbraio 1940
Comunque, lo scoppio della seconda guerra mondiale nel settembre 1939, costrinse praticamente tutte le aziende svedesi a rivedere i propri piani. Volvo, ad esempio, cessò quasi completamente la produzione di auto civili per dedicarsi alle commesse militari provenienti dall’esercito svedese.
Per parecchi anni la situazione in Europa sembrò davvero buia, ma ciò non impedì a un buon numero di progettisti Volvo di lavorare per ritorno alla produzione di pace che prima o poi sarebbe avvenuto.

 

Un prototipo della nuova PV60 era stato già sperimentato nel settembre 1939 e, nel 1942/43, furono costruiti altri quattro prototipi. Tutti erano chiaramente inspirati al design statunitense e, tranne la versione finale, tutti e quattro avevano gli sportelli posteriori incernierati sul retro. Nei primi schizzi e nei modellini statici, le linee ricordavano da vicino quelle delle americane Mercury e Lincoln, ma dopo un po’ furono i modelli GM ad ispirare i disegni successivi. Al punto che, difatti, i gruppi ottici posteriori “a coda” dell’auto entrata in produzione erano identici a quelli della Oldsmobile 1938 e della Chevrolet 1939!
Il frontale della Volvo PV60 era più o meno una copia di quello della Pontiac del 1939, con la piastrina centrale sulla griglia radiatore che conteneva l’emblema Volvo. La stessa piastrina che si poteva trovare sulla Pontiac, con la differenza che l’auto statunitense portava la tipica immagine del pellerossa.
L’influenza americana traspariva anche da altri dettagli. Il cilindro principale dei freni era dello stesso tipo di quello montato dalla Studebaker e lo stesso valeva per il cambio a tre marce con overdrive e automatismo d’innesto e disinnesto. Anche in questa fase ancora pionieristica dell’automobilismo le varie case acquistavano da parecchi subfornitori diversi.

 

Una caratteristica che anticipava sviluppi successivi era il cambio al volante, anche questo di chiara ispirazione nordamericane.
La PV60 fu creata come utilitaria popolare. Perciò i due modelli di questa serie avevano parecchi dettagli in comune, ad esempio le maniglie interne ed esterne e l’illuminazione della targa.

 

Meccanica robusta
Quando fu lanciata, la Volvo PV60 apparve come un’auto ben congegnata ma non troppo moderna. Sotto l’imponente cofano pulsava il vecchio ed affidabile sei cilindri Volvo a con valvole laterali, lanciato negli anni 30 e gradualmente incrementato di dimensioni. La cilindrata era di 3,67 litri e la potenza erogata di 90 cv.
Le moderne sospensioni anteriori indipendenti contrastavano con il ponte posteriore rigido e sospeso su balestre. Ciò nonostante, si rivelò un’auto spaziosa e molto comoda nei lunghi viaggi.
Le consegne della PV60 iniziarono nel 1946 e nel 1950, quando fu tolta di produzione, ne erano stati prodotti 3.006 esemplari.

 

PV444 – la prima medio-piccola di Volvo
Nonostante le modeste cifre di produzione negli anni 30, Volvo aveva attirato l’attenzione popolare in Svezia, anche senza aver mai prodotto, fino ad allora, nessun modello veramente popolare. In realtà, l’idea di un’auto alla portata di una clientela più vasta era stata discussa in Volvo, ma negli anni 30 la progettazione e la produzione di camion e taxi assorbiva tutte le energie aziendali. Durante i primi anni del secondo conflitto mondiale, l’idea di costruire una “piccola” tornò d’attualità e, nel 1943, si iniziò a lavorare per realizzare quella che sarebbe stata la “Volvo del dopoguerra”. Il trascinatore che riuscì a portare a termine l’impresa fu Helmer Pettersson, che aveva lavorato in precedenza presso il costruttore americano di motociclette Excelsior e che, nei primi anni di guerra, aveva dimostrato di essere un geniale disegnatore di gruppi elettrogeni a gas.

 

Fin dalla sua nascita, nel 1927, Volvo aveva costruito le sue auto basandosi sulla filosofia americana: vetture tradizionali, dalle linee sobrie, con materiali di buona qualità e dimensioni generose per garantire una lunga durata. Anche la nuova “piccola” di Volvo avrebbe dovuto seguire questo indirizzo costruttivo. 
Fu decisa, però, un’importante eccezione. Invece di montare la carrozzeria sopra un telaio, come si era fatto fino ad allora, per il nuovo modello fu decisa la scocca portante. Il concetto non era del tutto nuovo nel mondo automobilistico e, per studiarlo più da vicino, Volvo acquistò un esemplare della tedesca Hanomag 1.3, costruita appunto con la scocca portante.

 

Nel progetto furono coinvolti una quarantina di ingegneri. Questo particolare non indicava soltanto l’impegno profuso da Volvo nel nuovo modello, ma anche la fiducia verso un futuro radioso. Il lavoro proseguì febbrilmente nell’inverno 1943/44 e, nella primavera del 1944, era stato ultimato un modello in legno in scala 1:1. La carrozzeria fu verniciata in nero e i “finestrini” in color argento. In marzo il modello in legno fu presentato ai due fondatori e massimi dirigenti dell’azienda. Dopo aver ispezionato il modello un paio di volte, i due dirigenti diedero l’ordine di portare il progetto a compimento.
Fu quella decisione, in realtà, a gettare le basi del futuro di Volvo quale casa automobilistica rinomata in tutto il mondo.

 

Migliaia di auto vendute mostrando soltanto un prototipo!
Nel 1944, alla fine dell’estate, il primo prototipo reale era pronto. In realtà non era funzionante, ma questo dettaglio non parve rappresentare un grosso ostacolo. L’importante era che fosse possibile presentarlo all’importante esposizione automobilistica che si apriva il 1 Settembre 1944.
Già dal primo giorno della manifestazione apparve chiaro che la Volvo PV444 era l’auto popolare che tutta la Svezia stava aspettando. Anche se un gran numero di visitatori fu attratto dalla più grande PV60, l’affollamento vero e proprio si verificò attorno alla piccola auto nera con la coda arrotondata.
La PV444 fu l’auto che affascinò i 148.437 visitatori del salone di Stoccolma. Ma né Volvo né nessun altro erano in grado di dire quando le consegne avrebbero potuto iniziare. Comunque, non molto tempo dopo l’esibizione, iniziarono le prove su strada di un prototipo motorizzato.
Nella primavera del 1945 non era ancora possibile avere auto dimostrative che i concessionari potessero far provare ai clienti, nonostante il fatto che già 2.500 contratti erano stati stipulati. Questo indicava che il target totale di vendite stabilito dall’azienda per la PV444, cioè 8.000 esemplari, era senz’altro a portata di mano. I due fondatori di Volvo non solo erano stati decisi nell’approvare il progetto, ma furono altrettanto ottimisti nel definire gli obiettivi di produzione. Basti pensare che, fino ad allora, nessun modello Volvo era stato mai prodotto in più di 2.000 esemplari. Nell’arco dei quasi vent’anni nei quali la PV444 e la 544 rimasero in produzione, le linee di montaggio della casa di Göteborg ne sfornarono 440.000 esemplari e ciò dimostra ancora una volta quanto sia facile fare previsioni errate nel mondo dell’automobile!

 

La PV444 aveva un motore a quattro cilindri di disegno innovativo – tra l’altro era il primo propulsore automobilistico Volvo ad avere l’albero a camme in testa. La cilindrata era di 1414 cc e la potenza erogata 40 cv, successivamente portata a 44 cv.
Potrebbe sembrare ovvio che la vettura fosse una trazione posteriore, ma in realtà la scelta non fu così scontata. Parecchi progettisti Volvo, infatti, propendevano per la trazione anteriore, ben sapendo che le migliori utilitarie degli anni 30, come la DKW e la Adler, era appunto delle trazioni anteriori. L’ultima parola spettò a uno dei due fondatori Volvo, Gustaf Larson, il quale optò per la trazione posteriore, soprattutto perché in tal modo non si sarebbero dovuti utilizzare troppi componenti. Fin dalla fondazione nel 1927, infatti, uno dei principi fondamentali di Volvo era stato quello di acquistare da terzi il maggior numero di componenti. Tali pezzi dovevano anche essere il meno numerosi possibili, in modo da semplificare il disegno dell’auto.
Le sospensioni erano molto moderne, almeno anteriormente dove erano state adottate sospensioni indipendenti. Quelle posteriori, ad assale rigido e balestre, erano invece più convenzionali.

 

Le ottomila previste diventarono mezzo milione
A un certo punto, nel 1945, fu deciso che l’obiettivo di produzione complessivo del nuovo modello sarebbe stato di 12.000 esemplari. La cosa più incredibile di tutto questo era che, quando il primo modello ottenne l’omologazione della motorizzazione civile svedese, il 3 febbraio 1947, delle ipotetiche 12.000 auto ne erano state già vendute 10.181. La previsione di 12.000 esemplari era palesemente sottostimata e infatti, da quel momento, la dirigenza Volvo non fece più previsioni teoriche ma lasciò che fosse il ritmo incessante delle vendite a stabilire i target di produzione.
La produzione della Volvo PV444 continuò, con molte piccole modifiche e qualcuna più significativa, fino al 1958. Il 25 agosto di quell’anno fui presentata la PV544, una versione nettamente più moderna del modello precedente, con parabrezza unico e gruppi ottici posteriori più grandi. Ciò nonostante, la parentela fra i due modelli rimaneva molto stretta e ben visibile. 
Nell’ottobre del 1965, l’ultima PV lasciò la catena di montaggio. Era una 544 Sport nera da 95 cv di potenza e portava il numero di serie 440.000 – un po’ di più delle 8.000 preventivate all’inizio. Oggi questo modello si trova nel Museo Volvo a Göteborg.

 

La Sport – una cabrio Volvo con la carrozzeria in plastica
Agli inizi degli anni 50, Volvo si era già affermata come casa costruttrice di modelli robusti e affidabili. Quindi parole come "sport" e "spregiudicatezza" erano associate raramente al marchio Volvo. I lettori dei giornali furono perciò colti di sorpresa quando, nella primavera del 1954, apparve una pubblicità a tutta pagina nella quale Volvo annunciava l’intenzione di costruire una cabriolet sportiva con carrozzeria realizzata in un nuovo, sofisticato materiale: la resina plastica rinforzata con fibra di vetro! 
Ma facciamo un passo indietro e vediamo i retroscena di questa storia. In uno dei suoi frequenti viaggi negli USA, Assar Gabrielsson aveva sentito parlare del nuovo, affascinante materiale. Aveva anche notato il grande interesse degli americani verso le auto sportive europee e che la Chevrolet aveva lanciato il suo modello sportivo, la Corvette, con una carrozzeria appunto in fibra di vetro. Gabrielsson si recò in California a visitare la Glasspar, un’azienda all’avanguardia nella costruzione di scafi e carrozzerie in vetroresina. Gabrielsson era un uomo determinato che non esitava a prendere decisioni, perciò ordinò subito una carrozzeria sportiva dalla Glasspar e l’azienda americana si dimostrò altrettante perentoria del suo cliente svedese, riuscendo a disegnare e realizzare la nuova carrozzeria prima ancora che Gabrielsson lasciasse gli USA per tornare in Svezia. Ora serviva solo un telaio sul quale montarla...

 

Poiché la PV444 era un’auto a scocca portante, non poteva essere di aiuto in questo caso. E nemmeno il telaio della 445 (conosciuta con il nome di Duett) era particolarmente adatto alla bisogna, perciò Assar Gabrielsson telegrafò in Svezia ordinando ai suoi progettisti di cominciare a preparare una carrozzeria apposita per questo nuovo modello e attese che le vicende facessero il loro corso. Quando sbarcò a Göteborg, i disegnatori avevano già fatto parecchi progressi, lavorando ad un telaio tubolare. La robusta struttura era di tipo incrociato ed era stata disegnata per ospitare gli organi meccanici della PV444.
Le ruote, i freni, lo sterzo, la frizione, il cambio e il ponte posteriore provenivano direttamente dalla Volvo PV444. Il motore, invece, era molto più potente. Designato con la sigla B14A, sviluppava non meno di 70 cv a 5500 giri al minuto, con un rapporto di compressione aumentato da 6,5 a 7,8.
Le valvole di aspirazione erano maggiorate, l’albero a camme più sofisticato e l’alimentazione fornita da due carburatori doppio corpo. Il cambio era a tre rapporti, lo stesso che equipaggiava la PV444, con una leva molto lunga per l’innesto delle marce.
I clienti svedesi di Volvo non sembravano troppo interessati all’acquisto di un gioiello sportivo che raggiungeva i 155 km/h. Pertanto la Volvo Sport, così era stata battezzata, fu pensata esclusivamente per l’esportazione. Volvo era proprio in procinto di lanciare una massiccia campagna promozionale all’estero e una sportiva sarebbe stata l’ideale per attrarre l’attenzione degli automobilisti stranieri!

 

Il 2 giugno 1954, la Volvo Sport fu presentata al pubblico. Tre prototipi erano stati allineati nell’aeroporto di Torslanda, nei pressi di Göteborg. Più tardi, nello stesso mese, l’auto fu inviata in tournée, assieme a due nuovi modelli di autocarri Volvo. La curiosità per la nuova sportiva svedese era molto viva. Il fatto che non fosse ancora pronta per la produzione in serie sembrava totalmente irrilevante.
I numerosi test di guida condotti nel 1955 portarono a innumerevoli modiche e migliorie finquando, nel 1956, si decise che l’auto fosse finalmente pronta per la produzione in serie. Nel frattempo si era stabilito che l’auto dovesse essere commercializzata anche in Svezia. 
Non è esagerato dire che la clientela voltò le spalle a questo modello. Nel 1956 ne furono costruiti 44 esemplari e nel 1957 se ne costruirono solo 23 in più rispetto all’anno precedente. Cifre deludenti, che dimostrarono quanta poca attrattiva il marchio Volvo avesse, a quel tempo, nei confronti degli automobilisti appassionati di vetture sportive.
Il nuovo presidente di Volvo, Gunnar Engellau, provò personalmente una di queste auto durante un week-end e la sua conclusione fu drastica: poiché la vettura non raggiungeva il livello qualitativo Volvo, la produzione doveva cessare. Compresi i primi cinque esemplari da esibizione, erano in totale 67 le Volvo Sport che erano state costruite in questa “avventura plastica” dell’azienda di Göteborg. Ci sarebbero voluti oltre quarant’anni, dopo questa debacle, per vedere un nuovo modello cabriolet con il marchio Volvo. Sarebbe stata la C70 Cabriolet a riprendere la sfida, stavolta con una scocca in acciaio speciale, rinforzata con acciaio al boro super resistente.

 

240 – la sicurezza diventa produzione di serie
La successione del modello maggiore, la Volvo Amazon (P120), fu affidata alla serie 140, che si fece notare per l’ottimo livello di sicurezza. L’auto fu subito un successo e, nel complesso, ne furono prodotti 1,3 milioni di esemplari, il doppio della P120.
Nell’agosto 1974 fu presentata una nuova generazione di auto Volvo, composta dalle serie 240 e 260, dotate di standard di sicurezza eccellenti. Al loro apparire, il design di questi modelli suscitò reazioni contrastanti, ma dietro le forme squadrate c’erano motivi pratici ben precisi. Il frontale era stato ripreso dalla concept car sulla sicurezza, la VESC, ed era 13 cm più lungo di quello della serie 140. Il robusto paraurti della 240, come quello di altre vetture dell’epoca time, era stato quasi imposto dalle severe norme americane di sicurezza appena approvate, ma al contempo serviva a dare all’auto il suo tocco di personalità.
 
La Volvo 240 fu ampiamente una figlia dei suoi tempi. Gli inizi degli anni 70 segnarono un momento molto difficile per l’industria automobilistica internazionale. L’auto e il suo futuro erano oggetto di accese discussioni, al punto tale che alcuni ritenevano giunta al termine la sua parabola. Le vendite di auto calarono in tutto il mondo, mentre i costi di produzione crescevano rapidamente. Dal canto suo Volvo, oltre a dover tenere sotto controllo i costi, così come ogni altro produttore, doveva anche continuare a rimanere all’avanguardia nei settori della funzionalità e della sicurezza.
In un periodo di tali difficoltà come fu la prima metà degli anni 70, per Volvo fu quasi un vantaggio il fatto di detenere solo lo 0,8 del mercato mondiale dell’auto.

 

Furono lanciati sei modelli della Volvo 240 e due della Volvo 260 rendendo la gamma di quest’auto molto variegata. Le caratteristiche più importanti di questi modelli erano costituite da un miglioramento della tenuta di strada e dalla riduzione della sensibilità al vento laterale. Anche lo sterzo aveva un livello di precisione molto maggiore, grazie all’introduzione del meccanismo a cremagliera. Il raggio di sterzata era quasi a pari con quello dei famosi taxi londinesi.
Alcune delle piccole raffinatezze di questi modelli erano, ad esempio, gli agganci delle cinture di sicurezza anteriori illuminati e il freno a mano arretrato fra i sedili, in posizione meno ingombrante.
In alternativa al motore B20, per i modelli 240 fu presentato un nuovo propulsore da 2,1 litri, con testa cilindri in alluminio e singolo albero a camme sovrastante. Il B21, come fu denominato, era disponibile in versione a carburatore da 97 cv e in versione a iniezione elettronica continua e accensione transistorizzata, da 123 cv.
La Volvo 240 aveva cerchi da 14”, perché questa era la dimensione più diffusa a quei tempi, e una gamma di colori fra cui spiccavano tre nuove tinte: il verde chiaro, il rame metallizzato e l’argento.

 

240 – sicurezza e sportività riunite assieme
Nel 1976, la Volvo 240 fu selezionata dall’autorità statunitense per il traffico, la NHTSA, come standard car per i futuri programmi di sicurezza automobilistica. Questo fu sicuramente un fiore all’occhiello per Volvo, un riconoscimento a cui ne avrebbero fatto seguito molti altri. Sono state poche le auto che hanno ricevuto tanti riconoscimenti come questa.
La Volvo 240 è stata anche un’ottima vettura da competizione, perfetta sulla ghiaia e l’asfalto, coronando la sua carriera agonistica nel 1985, quando una 240 Turbo guidata da Lindström/Brancatelli, diventata campionessa europea nelle competizioni del gruppo A per vetture di serie.
Fin dai tempi della Duett, Volvo era stata famosa per le sue station wagon spaziose e robuste. Questa tradizione è continuata con la 240, della quale quasi un terzo degli esemplari venduti erano station wagon.
Alla fine, la serie 240 divenne quasi un problema, nel senso buono del termine. Sembrava, infatti, che la domanda di questo modello non accennasse a calare, anno dopo anno! Sia le Volvo 240 nuove che usate erano ugualmente popolari, tanto che nel 1983 la Volvo reclamizzata nelle sue campagne promozionali anche le 240 usate!
I modelli della serie furono costantemente perfezionati e nel corso degli anni vi furono anche modifiche di un certo rilievo. Verso la fine del suo ciclo vitale, agli inizi degli anni 90, la serie 240 ebbe una nuova fase di rinascita, quando la station wagon divenne un’auto cult in Italia, conosciuta con il nome di Polar. Ci vollero quasi 20 anni e 2,8 milioni di esemplari venduti prima che si potesse mettere la parola fine, il 7 maggio 1993, alla fortunata esistenza di questa serie di successo.

 

Come parte delle celebrazioni per i quattro anniversari, Volvo Cars parteciperà ufficialmente alla più grande manifestazione di vetture d'epoca e classiche,  la Techno Classica, di Essen, Germania, dal 31 marzo al 4 aprile 2004.
Lo stand Volvo alla Techno Classica ospiterà la stupenda PV60 appartenente al re di Svezia, Carl XVI Gustaf, assieme alle PV444, Volvo Sport e 240 del Museo Volvo.
Queste famose vetture prenderanno anche parte all'esibizione VROM, l'appuntamento principale dei vari Volvo Club, che si terrà a Göteborg il 6-8 agosto 2004.

 

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